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lunedì 31 gennaio 2011
Herbie Hancock - Head Hunters (Columbia, 1974)

Herbie Hancock - Head Hunters (Columbia, 1974)

Talentuoso tastierista della dinastia davisiana, Hancock fu uno dei primi musicisti jazz ad assimilare velocemente gli insegnamenti del Divino. Gli Head Hunters erano una forma­zione che ricalcava il modello Weather Report, con la quale Hancock elimina dalla sua musi­ca le precedenti geometrie obli­que di Sextant e Crossings a favore di un sound più diretto e immediato. Quest’album è la definitiva consacrazione della fusione della West Toast che si avvicina e si amalgama sempre più direttamente con il funky. Un capitolo che diventa trasci­nante nella sua scarnificazione alle intelaiature troppo spesso cristallizzanti a favore di una forte scansione ritmica, dove la fusion acquista una dimensione ancora più ampia e libera. Lo strumento bandiera per questa piccola rivoluzione nella rivolu­zione e il sintetizzatore ARP che Hancock suona per la prima volta in due differenti modelli, creando cosi un approccio riu­scito e senza incertezze verso il suono elettronico realizzato pre­cedentemente in qualità di ses­sion man con le immancabili formule di In A Silent Way e Bitches Brew. Head Hunters rap­presenta magnificamente quei nuovi fermenti che stavano pre­parando la strada non solo alla fusion, ma anche al soul del domani.

1900-2000 Musica dal pianeta terra. Dal Jazz al Rock 200 CD da salvare/Mauro Ronconi/Arcana



Watermelon Man



Personnel: Herbie Hancock (Fender Rhodes piano, Clavinet, synthesizer); Bennie Maupin (soprano & tenor saxophones, saxello, bass clarinet, alto flute); Paul Jackson (marimbula, bass); Harvey Mason (drums); Bill Summers (congas, shekere, balafon, agogo, cabasa, hindewho, tambourine, log drum, surdo, gankoqui, beer bottle).

Tracks:
1 Chameleon 
2 Watermelon Man 
3 Sly 
4 Vein Melter



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domenica 30 gennaio 2011
Miles Davis – Live Evil (Columbia, 1971)

Miles Davis – Live Evil (Columbia, 1971)

Miles Davis, da “ Bitches Brew “ in poi venne a patti con gli avanzamenti musicali dell’avanguardia e iniziò a combinare quell’universo con idee ritmiche prese dal rock, dal blues e dal funky. Il suo ego musicale tocca vertici assoluti con questo disco. Senza essere mai stato un rivoluzionario come Ornette Coleman o Cecil Taylor, Miles è colui che ha dato il maggior contributo all’evoluzione del jazz moderno come grande catalizzatore in grado di combinare la sua costanza con elementi di vari tipi di musica. Con “ Live Evil “ diventa il grande “ sistematizzatore “ di quello che è definito jazz elettronico. Già la copertina , realizzata da Mati Klarwein come per "Bitches' Brew" , è bellissima: di fronte varie figure femminili nere e in evidenza una donna africana incinta dalle forme esasperate ( live ) , sul retro un essere mostruoso bianco modellato sull’immagine dell’ex capo dell’Fbi Edgar J. Hoover ( evil ), le due figure si stagliano su uno sfondo fatto di motivi geometrici che richiamano una scrittura islamica ( cufico geometrico ) usata nel 1200 per decorare le moschee . Il titolo poi è giocato sugli anagrammi e sugli opposti, “ live “ è l’anagramma di “evil” mentre “ Selim sivad ”, uno dei titoli del disco è il rovescio di Miles Davis. E’ l’apoteosi del fattore improvvisativo ed iterativo del jazz, il fatto che ogni esecuzione è, praticamente, un’invenzione, un esempio unico ed irripetibile. Realizzato ai Columbia Studio di New York e al Cellar Studio di Washington nel dicembre del 1970, “ Live Evil “ combina registrazioni dal vivo e in studio con un settetto variabile e la novità di Keith Jarret al piano elettrico e organo. Gli altri musicisti sono Wayne Shorter, John McLaughlin, Gary Bartz, Chick Corea, Michael Henderson, Herbie Hancock, Billy Cobham, Dave Holland, Hermeto Pascoal, Joe Zawinul, Jack Dejohnette, Airto Moreira, Steve Grossman, Khalil Balakrishna e Conrand Roberts voce narrante su “ Inamorata And Narration “. Prodotto da Teo Macero e rielaborato in studio dallo stesso Macero insieme a Davis, “ Live Evil “ è anche il primo disco dove il musicista usa la tromba elettrica. Otto tracce di magmatiche improvvisazioni collettive fatte di oasi liriche, assoli intesi e meditativi, ritmi rock , suoni elettronici, cambio di tempo inaspettati e poi quella magnifica tromba di Davis distorta dal wah wah. Tutto questo incredibile materiale sonoro è riunito ed accostato come tessere di un mosaico, sovrapposto e controllato e sarà la guida spirituale per tutta la musica nera.

Mauro Ronconi




What I Say



Personnel: Miles Davis (trumpet); Hermeto Pascoal (vocals, whistling, electric piano, drums); Conrad Roberts (spoken vocals); Gary Bartz (soprano & alto saxophones); Steve Grossman, Wayne Shorter (soprano saxophone); Keith Jarrett (electric piano, organ); Joe Zawinul, Herbie Hancock, Chick Corea (electric piano); John McLaughlin (guitar); Khalil Balakrishna (electric sitar); Dave Holland (acoustic & electric basses); Ron Carter (acoustic bass); Michael Henderson (electric bass); Jack DeJohnette, Billy Cobham (drums); Airto Moreia (percussion).




DISC 1

1. Sivad    
    2. Little Church    
    3.    Medley: Gemini/Double Image: Gemini / Double Image    
    4. What I Say        
    5. Nem Um Talvez    


 DISC 2

    1. Selim        
    2. Funky Tonk        
    3. Inamorata and Narration by Conrad Roberts - (narration by Conrad Roberts)


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Mahavishnu Orchestra - The Inner Mounting Flame (Sony, 1971)

Mahavishnu Orchestra - The Inner Mounting Flame (Sony, 1971)


Conclusa l'esperienza con i Lifetime di Tony Williams, John McLaughlin fonda nel 1971 la Mahavishnu Orchestra. Il gruppo è formato da cinque elementi, tutti di nazionalità diversa: l’inglese John McLaughlin alla chitarra, lo statunitense Jerry Goodman al violino, il cecoslovacco Jan Hammer alle tastiere, l’irlandese Rick Laid al basso e il panamense Billy Cobham alla batteria. Scritto e prodotto interamente da John McLaughlin questo "The Inner Mounting Flame" definisce definitivamente i canoni di quel genere che negli anni a venire prenderà il nome di jazz-rock .




Meeting of the Spirits



Mahavishnu Orchestra: John McLaughlin (acoustic & electric guitars); Jerry Goodman (acoustic & electric violins); Jan Hammer (Fender Rhodes, ring modulator, piano); Rick Laird (electric bass); Billy Cobham (drums).


Tracks:
1 Meeting of the Spirits
2 Dawn
3 The Noonward Race
4 A Lotus on Irish Streams
5 Vital Transformation
6 The Dance of Maya
7 You Know You Know
8 Awakening



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sabato 29 gennaio 2011
Miles Davis - A Tribute To Jack Johnson (Columbia, 1970)

Miles Davis - A Tribute To Jack Johnson (Columbia, 1970)

Miles Davis era un appassionato di colonne sonore, ne compose diverse nel corso della sua carriera è questa (realizzata per il documentario di Bill Cayton su Jack Johnson il primo atleta di colore a vincere il campionato del mondo di boxe dei pesi massimi) è forse la migliore. Jack Johnson è stato a lungo il preferito di Miles tra i propri dischi, e se ne capisce il perchè fin dalla prima nota. Davis fa sentire la sua voce con quel suono staccato e lamentoso in cui risuona la promessa che, qualsiasi musica affronti Miles sarà sempre Miles.




Right Off



Personnel
The first track and about half of the second track
were recorded on 7 April 1970 by this group:

Miles Davis - Trumpet
Steve Grossman - Soprano saxophone
John McLaughlin - Electric guitar
Herbie Hancock - Organ
Michael Henderson - Electric bass
Billy Cobham - Drums

The second part of the second track (starting at about 12:55)
was recorded on 18 February 1970 by a different lineup:

Miles Davis - Trumpet
Bennie Maupin - Bass clarinet
John McLaughlin - Electric guitar
Sonny Sharrock - Electric guitar
Chick Corea - Electric piano
Dave Holland - Electric bass
Jack DeJohnette - Drums



Tracks:
1. Right Off – 26:53
2. Yesternow – 25:34




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giovedì 27 gennaio 2011
Miles Davis - Bitches Brew (Columbia, 1970)

Miles Davis - Bitches Brew (Columbia, 1970)

Tutta la carriera di Miles Davis è stata all’insegna della sperimentazione e dell’esplorazione musicale. Verso la fine degli anni '60 Miles si avvicina alla musica elettrica e alle atmosfere rock egistrando alcuni album fortemente innovativi tra cui il celebre BITCHES BREW, un disco rivoluzionario, che di fatto sdoganò la musica  fusion. L’album scandalizzò i puristi del jazz, ma ebbe un enorme riscontro di pubblico e in seguito esercitò una profonda influenza su numerosi musicisti jazz, e non solo. Racconta Thom Yorke, dei Radiohead, in un intervista a Q nell’ottobre del 1997: “Lo mettevo su ogni volta che salivo in macchina … al primo approccio mi era sembrato un caos nauseante. Ascoltarlo mi faceva quasi star male, poi piano piano … c’è qualcosa di brutale in quella musica, qualcosa di incredibilmente bello. Non sei mai sicuro del punto in cui ti trovi esattamente, è come se la musica ti ruotasse attorno, ha il sound di un enorme spazio vuoto, come quello di una cattedrale. Non era jazz, ma non era neppure rockn’ roll, era come costruire qualcosa e guardarla cadere a pezzi, in ciò sta la sua bellezza. E questo si lega profondamente a ciò che stavamo cercando di fare con OK COMPUTER”.







Personnel: Miles Davis (trumpet); John McLaughlin (guitar, electric guitar); Harvey Brooks (electric guitar, electric bass, bass guitar); Bennie Maupin (bass clarinet); Wayne Shorter (soprano saxophone); Joe Zawinul (electric piano, organ); Chick Corea, Larry Young (electric piano); Don Alias (drums, congas, percussion); Jack DeJohnette, Lenny White (drums); Jumma Santos (congas, shaker, percussion); Airto Moreira (cuica, percussion); Jim Riley, Jimmy Riley (percussion).


Track List: Pharaoh's Dance / Bitches Brew / Spanish Key / John McLaughlin / Miles Runs The Voodoo Down / Sanctuary


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John McLaughlin – Extrapolation (Polydor, 1969)

John McLaughlin – Extrapolation (Polydor, 1969)


Chiunque identifichi John McLaughlin con la fusion elettrica al testosterone della Mahavishnu Orchestra o con gli esperimenti jazz-rock accumulati nella sua lunga carriera dovrà ricredersi ascoltando questo disco,senz’altro il capolavoro del musicista inglese e uno dei dischi più riusciti dell’ultimo trentennio. Non è certo tra i suoi lavori più conosciuti, ma il chitarrista suona qui a livelli paragonabili a quelli da lui raggiunti nei dischi di Miles Davis, forse l’apice della sua carriera. […]

Jazz! Come comporre una discoteca di base - Boccadoro Carlo




Extrapolation



Personnel

John McLaughlin – guitar
Brian Odgers (incorrectly named "Odges" on the album notes) - bass
Tony Oxley – drums
John Surman – baritone and soprano saxophones


Track listing

All tracks were composed by John McLaughlin

1. "Extrapolation"
2. "It's Funny"
3. "Arjen's Bag"
4. "Pete the Poet"
5. "This Is for Us to Share"
6. "Spectrum"
7. "Binky's Beam"
8. "Really You Know"
9. "Two for Two"
10. "Peace Piece"



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mercoledì 26 gennaio 2011
The Tony Williams Lifetime - Emergency (Polydor/PolyGram Records, 1969)

The Tony Williams Lifetime - Emergency (Polydor/PolyGram Records, 1969)


Enfant prodige della batteria,Tony Williams, ha esordito a soli diciassette anni nel mitico quintetto di Miles Davis accanto a personaggi del calibro di Ron Carter, Herbie Hancock, e Wayne Shorter. Solista straordinario, dotato di un suono potente e originale ha rivoluzionato il modo di pensare la batteria. Dopo sei anni passati con Miles Davis , un paio di ottimi dischi a suo nome e varie collaborazioni con gli artisti più attivi nell’ambito dell’avanguardia come: Eric Dolphy (Out Of The Lunch), Andrew Hill, Cecil Taylor , John Coltrane ecc. Nel 1969 forma un suo trio con John McLaughlin e Larry Young, chiamato simbolicamente “The Tony Williams Lifetime”. I tre incidono “Emergency”, un disco seminale che di fatto pone le basi per la nascita della fusion.



Emergency



Tony Williams Lifetime: Tony Williams (drums); Larry Young (organ); John McLaughlin (guitar)

Tracks:
1. Emergency
2. Beyond Games
3. Where
4. Vashkar
5. Via De Spectrum Road
6. Spectrum
7. Sangria For Three
8. Something Spiritual



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mp3 @320
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martedì 25 gennaio 2011
Miles Davis - In a Silent Way (Columbia, 1969)

Miles Davis - In a Silent Way (Columbia, 1969)

Questo è il disco della svolta, dopo il quale la musica di Davis non sarà più uguale a prima.Due lunghi brani (anzi quattro accoppiati Shhh/Peaceful e In a silent way/It’s about that time) dall’andamento lento e meditativo per lasciare che le idee fluiscano libere da condizionamenti, senza coordinate pre-fissate in un gioco di incastri in parte ottenuto in fase di montaggio, cosa per l’epoca perlomeno originale.Davis comincia a recepire altre influenze, James Brown, il batterista Buddy Miles, il rock/soul/funky di Sly and the Family Stone e soprattutto Jimi Hendrix con il quale si parlò di un progetto comune. Tutto questo si riflette – seppur non ancora così fortemente come nel disco successivo – in In a silent way dove non c’è una vera e propria melodia ma una lunga serie di assoli che si stendono sul suono liquido e diafano ottenuto dal piano elettrico (ce ne sono ben tre all’opera) e bene si combinano con le insistite pulsioni ritmiche scandite da Holland e Williams e con il suono sciamanico della tromba di Davis. Completano la magia di un disco il cui ascolto lascia senza fiato il soprano di Shorter e la chitarra di McLaughlin che, arrivato solo da pochi giorni dall’Inghilterra, nessuno sapeva cosa avrebbe suonato.

Francesco Soliani – jazzer.it




In a Silent Way / It's About That Time




Personnel:
Miles Davis: trumpet
Herbie Hancock: electric piano
Chick Corea: electric piano
Wayne Shorter: tenor sax
Dave Holland: bass
Josef Zawinul: electric piano & organ
John McLaughlin: guitar
Tony Williams: drums

Tracks:
1. Shhh / Peaceful (Miles Davis)
2. In a Silent Way / It's About That Time (Josef Zawinul)



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lunedì 24 gennaio 2011
Sun Ra - Atlantis (Saturn/Evidence, 1969)

Sun Ra - Atlantis (Saturn/Evidence, 1969)

Se a livelli quantitativi la produzione di Sun Ra non ha mai avuto cali, gli anni ’60 sono stati particolarmente proficui in termini di qualità; vale sicuramente la pena accennare a dischi come Nothing is… (Esp-disk) e all’ottimo Outer spaceways incorporated (Black lion) prima di soffermarci un po’ più approfonditamente su questo Atlantis che chiude idealmente il decennio. Mai come in questo disco è evidente il dualismo della musica di Sun Ra: infatti i primi 5 brani – il “lato A” dell’LP per capirci – sono dei piccoli lavori dove troviamo Sun Ra da solo al Hohner clavinet (un modello di pianoforte elettrico di produzione tedesca) su uno stuolo di percussioni di evidente origine africana. Le atmosfere vanno da quelle più letargiche di Mu e Yucatan nella versione “Saturn”, al funk ante-literam di Lemuria, fino all’orgia percussiva di Yucatan nella versione “Impulse” (inserita nel 1973 quando quell’etichetta ha ripubblicato il disco) e di Bimini. Di tutt’altro tenore i quasi 22 minuti della suite Atlantis: ritorna l’Astro-infinity Arkestra al gran completo con il leader al Gibson Kalamazoo organ (quello di Manzarek dei Doors per capirsi) per produrre un coacervo sonoro di difficile decifrazione con continui cambiamenti di ritmo e tonalità. La materia musicale è densissima e lascia l’ascoltatore attonito, investito com’è da una massa quasi informe e senza punti di riferimento in un’astrazione quasi assoluta.

Francesco Soliani – jazzer.it










Personnel: Sun Ra (Clavinet, organ); Marshall Allen (flute, oboe, alto saxophone, percussion); Danny Thompson (flute, alto saxophone); Pat Patrick (flute, baritone saxophone, percussion); Robert Cummings (bass clarinet); Danny Davis (alto saxophone); John Gilmore (tenor saxophone, percussion); Wayne Harris, Ahk Tal Ebah (trumpet); Bob Northern (French horn, horns); Charles Stephens, Ali Hassan (trombone); C. Stephens, Chip Stephans (horns); James Jacson (drums, log drum, percussion); Clifford Jarvis, Bob Barry, Robert Barry (drums, percussion).



Tracks: 1. Mu 2. Lemuria 3. Yucatan - (Saturn version) 4. Yucatan - (Impulse version) 5. Bimini 6. Atlantis





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domenica 23 gennaio 2011
Pharoah Sanders - Karma ( Impulse!, 1969)

Pharoah Sanders - Karma ( Impulse!, 1969)

Uno dei capolavori del movimento free-jazz. Il primo album registrato da Sanders dopo la morte del suo maestro John Coltrane a cui collaborano fra gli altri Lonnie Liston Smith, ex pianista di Gato Barbieri e il cantante e percussionista Leon Thomas che in seguito farà parte della band di Carlos Santana. Nato nel 1940 a Little Rock, Arkansas, Farrell Sanders inizia a studiare pianoforte , clarino e batteria per poi dedicarsi al sax tenore con il quale comincia a suonare con dei gruppi all’Università di Oakland. Dopo qualche anno si trasferì a New York e grazie all’interessamento di Don Cherry ottenne il suo primo ingaggio da professionista. Lì conobbe prima Sun Ra, con il quale lavorò a stretto contatto ( fu lui a soprannominarlo “ Pharoah “ cioè il “ Faraone “ ) e poi John Coltrane, la sua influenza musicale più importante , suonando nei suoi dischi di sperimentazione free-jazz " Ascension " e " Meditations ". Musicista geniale, estroso e creativo , Sanders realizzò due dischi “ Pharoah “ e “ Tauhid “, quest’ultimo considerato la sua vera opera prima , lavoro dove metteva in risalto l’interesse per la religione Hindu e le divinità egiziane. Musica coraggiosa diretta conseguenza del misticismo e la spiritualità dei lavori di Coltrane. Era il tempo che l’artista dichiarava : “ Più cerco dentro di me e più posso conoscere ciò che io sono e quali sono le radici dell’esistenza, perché Dio è uomo e perché l’uomo è Dio ”. L’autentico momento di partenza di questi concetti è “ Karma “, un viaggio di magnifico free-jazz o come coniato al tempo di spiritual-jazz costruito su due composizioni ” The Creator Has A Master Plan “ e “ Colors “, ma soprattutto la prima con le liriche di Leon Thomas, è una pietra miliare di musicalità libera dove il senso del ritmo e della melodia dell’artista viene intervallato da suoni frenetici, assolo di sax infuocati, il pianoforte di Liston Smith nervoso ed ammaliante. Sono quasi 33 minuti di sofferenza, di travaglio interiore, esplosioni di suoni, oasi di tranquillità e speranza, in un climax misterioso, spirituale, quasi insostenibile . Canta Thomas : " C’era una volta, quando la pace era sulla terra e le gioia e la felicità regnavano. Ogni uomo conosceva il suo valore. Nel mio cuore come desidero ardentemente il ritorno di quello spirito; e piango, mentre il tempo vola. C’è un posto dove l’amore splende in continuazione, e l’arcobaleno è l’ombra di una presenza divina, e il calore del suo amore illumina il cielo, e libera. Vieni con me, non ti accorgi. Il Creatore ha un piano supremo: pace e felicità per ogni uomo. Il Creatore ha fatto una sola preghiera: felicità su tutta la terra. “ E il sax suona con calma poi con impeto, l’assolo di flauto e le percussioni sono un magico fluire e rifluire, poi il piano si allarga melodioso e il basso determina il tempo e queste parole si spargono nell’aria. Questa composizione diventerà uno standand del jazz ripresa felicemente da gente come Don Cherry e Louis Armstrong. La seguente “ Colors “ con il contrabbasso di Ron Carter sono 5 minuti di meditazione, di pace, di liberazione e non poteva essere altrimenti, dopo aver ascoltato le suggestioni visionarie e cosmiche di quelle urla verso il cielo dove la risposta è solo nel cielo.

Mauro Ronconi





Track listing: 1. "The Creator Has a Master Plan" Part 1(Sanders, Thomas) 2. "The Creator Has a Master Plan" Part 2(Sanders, Thomas) 3. "Colors" (Sanders, Thomas)

Personnel: * Pharoah Sanders - Sax (Tenor) * Leon Thomas - Percussion / Vocals * Julius Watkins - French Horn * James Spaulding - Flute (on track 1) * Lonnie Liston Smith - Piano * Reggie Workman - Bass * Richard Davis - Bass (on track 1) * Ron Carter - Bass (on track 3) * Billy Hart - Drums (on track 1) * Freddie Waits - Drums (on track 3) * Nathaniel Bettis - Percussion (on track 1)




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Archie Shepp - The Way Ahead (Impulse!, 1969)

Archie Shepp - The Way Ahead (Impulse!, 1969)

Registrato in un sol giorno (26 gennaio 1968), questo lavoro è il simbolo del movimento free al bivio che rischia, da un momento all’altro, di cacciarsi in un vicolo cieco. Sheep guarda al jazz di cui ha sorpassato la definizione ingaggiando elementi cosmopoliti come Don Cherry e Sun Ra. Un chiaro segno dell’urgenza di rinnovamento improntata su lucidità di fraseggio e freschezza inventiva supportata da un nucleo di musicisti come Ron Carter, Roy Haynes e Jimmy Owens su tutti, che assecondano le imprevedibili esecuzioni del suo sax tenore. […] The Way Ahead ha un’opposta concezione di fondo: musica che si evolve sulle basi del passato senza cancellarlo, ma sviluppandolo. Fondamentale mediazione per un restauro.


1900-2000 Musica dal pianeta terra. Dal Jazz al Rock 200 CD da salvare/Mauro
Ronconi/Arcana


Fiesta





Personnel: Archie Shepp (tenor saxophone); Charles Davis (baritone saxophone); Jimmy Owens (trumpet); Grachan Moncur III (trombone); Walter Davis Jr., Dave Burrell (piano); Ron Carter, Walter Booker (bass); Beaver Harris, Roy Haynes (drums


Tracks:
01. Damn If I Know (The Stroller)
02. Frankenstein
03. Fiesta
04. Sophisticated Lady




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sabato 22 gennaio 2011
John Coltrane – Expression (GRP, 1967)

John Coltrane – Expression (GRP, 1967)


Il sublime e misterioso testamento di Coltrane, che lo incise quando era già minato dal male che pochi mesi dopo lo portò alla tomba. Una musica in cui gli slanci e le furie del passato riappaiono solo a tratti, come fantasmi: mentre il clima dominante è di serena congiunzione panica con l'universo e con Dio. Pagina unica nella storia della musica è il diafano To Be, in cui Coltrane suona il flauto, evocando luoghi immaginari di pace assoluta. Un'opera di chi già sente di non essere più di questo mondo.

Marcello Piras - Il jazz, I dischi, i musicisti, gli stili - Editori Riuniti (01 novembre 1998)



To Be



Personnel: John Coltrane (tenor saxophone, flute); Pharoah Sanders (flute, piccolo, tambourine); Alice Coltrane (piano); Jimmy Garrison (acoustic bass); Rashied Ali (drums).


Tracklist
01. Ogunde
02. To Be
03. Offering
04. Expression
05. Number One



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Cannonball Adderley - Mercy, Mercy, Mercy! Live at 'The Club” (Capitol, 1966)

Cannonball Adderley - Mercy, Mercy, Mercy! Live at 'The Club” (Capitol, 1966)

Il sassofonista Julial Edwin Adderley,  devoto “ parkeriano “  e fratello del più famoso Nat,   maturò la propria espressività jazzistica nei gruppi di Miles Davis e , a partire dagli anni cinquanta, pubblicò numerosi dischi da solita molto validi avvalendosi delle importanti collaborazioni del fratello, di Bobby Timmons, Yusef Lateef , Joe Zawinul.  Julian fu soprannominato dapprima “ Cannibal “ perché vinse una sfida in un bar ingurgitando svariati piatti di lardo , uova, altro ancora. Poi però il soprannome fu tramutato in “ Cannonball “ in quanto quell’appetito insaziabile l’aveva nel tempo fatto così ingrassare da assomigliare ad una “ palla “ . Per la cronaca il sassofonista prese anche un altro soprannome, quello di “ Cannonbird “ in onore al suo mito Charlie Parker. Questo lavoro è stato il suo più fortunato a livello commerciale ed ha una storia particolare. Il “ Club De Lisa “ era uno storico locale di Chicago,  punto di riferimento per almeno trent’anni di tutto il jazz americano. In quel posto,  promosso e animato dal dee Jay E. Rodney Jones , l’altosassofonista di Tampa suonava il suo jazz caldo,  esuberante e comunicativo con il suo quintetto che vedeva al pianoforte il nuovo entrato l’austriaco Joe Zawinul. Nell’estate del 1966 Adderley registrò lì  una serie di scintillanti brani , tra cui “ Fun “, “ Sticks “ e soprattutto “ Mercy, Mercy, Mercy “ di Zawinul, con un sound strepitoso dove il jazz si stemperava magistralmente con altri elementi della musica nera come il soul, il gospel e il blues. Tornati a Los Angeles con le registrazioni, constatarono però che in quel disco dal vivo che doveva essere l’omaggio al mitico locale vi era poca partecipazione da parte del pubblico, poca reattività e così , sotto la direzione del produttore David Axelrod, registrarono nell’immensa hall degli studi Capitol, adibita per l’occasione in una sala da concerto, le nuove incisioni, stavolta supportate da un audience appassionata , festosa, trascinata dalle presentazioni del solito E. Rodney Jones. E' un lavoro di grande importanza testimone di un periodo dove i jazzmen si propongono come autori del repertorio lasciandosi alle spalle le improvvisiazioni sui giri armonici degli standard di Tin Pan Alley. Un giusto connubio tra fruibilità e tecnica per sei tracce di modern jazz così efficace e trascinante capace di arrivare al grande pubblico del mainstream.

Mauro Ronconi






Musicians: Cannonball Adderley (alto sax), Nat Adderley (cornet), Joe Zawinul (electric piano), Victor Gaskin (bass), Roy McCurdy (drums). Composed by Joe Zawinul.

Tracks: 1. Fun 2. Games 3. Mercy, Mercy, Mercy 4. Sticks 5. Hippodelphia 6. Sack O' Woe




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Cecil Taylor - Conquistador! (Blue Note, 1966)

Cecil Taylor - Conquistador! (Blue Note, 1966)


Dovendo indicare un solo disco di Taylor, molti sceglierebbero questo. La grandiosità della concezione - due ampi brani di venti minuti l'uno - e lo svolgimento insieme imprevedibile e ferreamente logico, non bastano a spiegare il fascino di quest'opera, che avvince l'ascoltatore fin dall'inizio, grazie alla straordinaria bellezza dei suoi temi. Tra i solisti, oltre agli abituali collaboratori di Taylor, spicca Bill Dixon, ospite d'eccezione, e apportatore di un ispirato elemento di contrasto.

Marcello Piras - Il jazz, I dischi, i musicisti, gli stili - Editori Riuniti (01 novembre 1998)



Conquistador




Personnel:
Cecil Taylor (piano)
Bill Dixon (tromba)
Jimmy Lyons (sax alto)
Henry Grimes, Alan Silva (contrabbasso)
Andrew Cyrille (batteria)

Tracks:
01. Conquistador (Taylor)
02. With (Exit) (Taylor)
03. With (Exit) [alternate take] (Taylor)



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John Coltrane – Meditations (GRP, 1965)

John Coltrane – Meditations (GRP, 1965)


Opera infernale e celestiale, segna il punto di rottura del quartetto Coltrane, da cui Tyner ed Elvin Jones si staccarono subito dopo, gettando la spugna. Se si ha il coraggio di oltrepassare il paesaggio sonoro da fantascienza dei primi minuti - un diluvio di fischi e tambureggiamenti in cui nessun essere umano parrebbe potersi addentrare senza timore - si affronta un viaggio tra visioni sulfuree, urlanti, arroventate, e visioni cristalline, mormoranti, fresche e rigeneratrici. Coltrane costruì l'opera come un collage di cinque composizioni distinte, in cui le opposte polarità si alternano in modo sconcertante ma sagacemente pianificato; e i suoi assolo sono di una semplicità ascetica.

Marcello Piras - Il jazz, I dischi, i musicisti, gli stili - Editori Riuniti (01 novembre 1998)



Serenity




Personnel: John Coltrane (tenor saxophone, percussion); Pharoah Sanders (tenor saxophone, tambourine, bells); McCoy Tyner (piano); Jimmy Garrison (acoustic bass); Elvin Jones, Rashied Ali (drums).

Tracklist
01. The Father and The Son and The Holy Ghost
02. Compassion
03. Love
04. Consequences
05. Serenity



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Archie Shepp – Fire Music ( Impulse!, 1965 )

Archie Shepp – Fire Music ( Impulse!, 1965 )

Grazie a John Coltrane nel 1964 Sheep ottiene un contratto con la Impulse. Con questa label il sassofonista registrerà due lavori, “ Fire Music “ e “ New Thing At Newport “ insieme al vibrafonista Bobby Hutcherson. In quel periodo la negritudine e l’africanismo sono le parole chiave negli ambienti jazz, tanto che i grandi protagonisti come Max Roach, Charles Mingus, i Jazz Messengers, Cecil Taylor, John Coltrane in un modo e nell’altro guardano all’Africa realizzando dischi che diventano il primo appoggio alla cosiddetta “ black revolution “. Nasce una linea di sviluppo nella quale si identifica presto la riscoperta e la “ purificazione “ della cultura africana… Archie Sheep con questo disco assurge immediatamente a protagonista di questo movimento che non aveva precedenti perché mai la musica era stata così prossima all’ideologia come all’interno di questo fenomeno. Così, nel momento più infuocato del free, quando imperversava la fascinazione psichedelica e l’influenza del nazionalismo afro-americano, il sassofonista sintetizza in “ Fire Music “ quello che andava sperimentando da anni nella sua vita : dall’impegno politico alla lotta sociale, dal gusto per il recitativo ai suoi amori jazzistici per Ben Webster e Duke Ellington, fino allo sberleffo verso un certo tipo di musica sudamericana che andava per la maggiore. La composizione più emblematica e articolata del disco è “ Hambone “, che si apre con un tempo cadenzato segnato dal contrabbasso su cui si dipana, in discordanza ritmica, un corale di fiati dal vocalizzo atonale. Ad un certo punto la musica si ferma; quindi riparte con una frase di quattro battute che ricorrerà per tutto il brano e che dà il via a un altro più complesso fraseggio ( sempre a quattro voci ) dopo il quale il brano ricomincia. Il primo assolo è quello di Ted Curson, mentre in sottofondo gli altri strumenti oscillano e ripetono una frase tra il 7/4 e 5/4. Un assolo lirico, acido che si scioglie in un passaggio ritmico libero. I tempi si fanno r&b a sostenere il sax alto di Marlon Brown e il trombone di Joseph Orange. E’ un affresco ricco di trovate, di carica emotiva da togliere il fiato. Una musica “ cattiva “, carica di violenza sonora, ribelle come il solo di Sheep che urla selvaggiamente in un clima tribale di esaltazione collettiva fino a spegnersi, ma soltanto per tornare al corale dell’inizio. “ Los Olivados “ ( significa “ I Dimenticati “ ) prende il titolo di un film di Bunuel che alterna sequenze ritmiche lentissime ad altre velocissime con frasi dal taglio tipicamente bop, eseguite volutamente “ fuori tempo “ ad affermare l’importanza dell’improvvisazione collettiva. “ Malcom, Malcom, Semper Malcom “ era in origine una lunga session intitolata “ The Funeral “ scritta per sax alto e dedicata a Edgar Meavers, un altro leader del Black Power. Quando Malcom X viene assassinato, Sheep riscrive il brano adattandolo per sax tenore. Il pezzo inizia con il leader che recita una sua poesia e prosegue in un contesto sonoro dai toni dolenti, funebri. Qui gli intenti rivoluzionari trovano una particolare forma di sublimazione. Un brano che ha un legame strettissimo con il processo evolutivo del Black Power, il quale proponeva in termini molto duri il riscatto e il recupero della negritudine come momento emergente ed esaltante dell’identità umana…Qualcuno insinuò – a torto – un rapporto di amore-odio di Sheep nei confronti di Duke Ellington, in quanto il “ Duca “ veniva percepito dai militanti più radicali come il classico nero asservito completamente dall’industria e al sistema dei bianchi. Ma non era affatto così. Il sassofonista nutriva infatti un profondo rispetto per la musica ellingtoniana e “ Prelude To A Kiss “ – uno dei suoi temi più celebri – viene offerto qui in una versione lenta, languida, affettuosa, densa di invenzioni solistiche. E’ lo stesso Sheep ad affermare : “ Ho scelto questa composizione perché in fondo sono un sentimentale. Duke ha scritto alcune delle più belle ballad in America e spesso mi ispiro a lui “. L’album si chiude con la parodia di “ The Girl From Ipanema “. La famosa composizione di Jobim, che era l’hit discografico del momento, diventa una canovaccio su cui opera il musicista giocando la carta di un caleidoscopio di trovate sul tema, elaborato secondo una prospettiva quasi mingusiana: lo scopo è di stravolgere la cosiddetta musica commerciale sino a renderla sgradevole, grottesca, quasi inascoltabile. Dopo questo lavoro, Sheep si ritrovò ovviamente fuori da certi circuiti di consumo, ma si guadagna l’ammirazione dei musicisti più colti ed eruditi. “ Fire Music “ resta ancora oggi un album emblematico, concomitante con un processo evolutivo legato alla musica come ideologia. Il riscatto e il recupero della negritudine sono visti come un momento chiave dell’identità e sottolineano la necessità della protesta, quella che Antonio Gramsci chiamò “ capacità di odiare “ nel nome più inviolabile dei diritti: farsi uomini e riconoscersi. A tale proposito rimane storica una dichiarazione di Sheep : “ Io sono un artista antifascista. La mia musica è funzionale. Io suono la mia morte per mano vostra. Io esulto perché vivo a vostro dispetto. Do una parte di tutto questo a voi ogni volta che mi ascoltate, il che attualmente non succede mai. La mia musica è per il popolo. Se sei un borghese, allora devi ascoltarla secondo i miei termini…

1900-2000 Musica dal pianeta terra. Dal Jazz al Rock 200 CD da salvare/ Ronconi Mauro/ Arcana





Tracks:
1. Hambone 12:05
2. Los Olvidados 8:36
3. Malcolm, Malcolm, Semper Malcolm 4:40
4. Prelude to a Kiss 4:41
5. The Girl from Ipanema 8:18
6. Hambone [live] 11:52

Personnel:
Archie Shepp - Sax (Tenor)
Marion Brown - Sax (Alto)
Fred Pirtle - Sax (Baritone)
Ted Curson - Trumpet
Virgil Jones - Trumpet
Joseph Orange - Trombone
Ashley Fennell - Trombone
Reggie Johnson - Bass
David Izenzon - Bass
Joe Chambers - Drums
J.C. Moses - Drums
Roger Blank - Drums
Rudy Van Gelder - Engineer



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venerdì 21 gennaio 2011
John Coltrane - Ascension (Impulse!, 1965)

John Coltrane - Ascension (Impulse!, 1965)


"Ascension" è il disco della svolta definitiva, Coltrane abbraccia completamente gli stilemi del free jazz e per l'occasione riunisce attorno al suo storico quartetto (McCoy Tyner, Elvin Jones, Jimmy Garrison), alcuni dei musicisti più importanti dell'avanguardia jazz (Eric Dolphy, Freddie Hubbard, Archie Shepp, Pharoah Sanders, Marion Brown, John Tchicai e altri).

Ha scritto Arrigo Polillo: "Come aveva già fatto Coleman per Free Jazz, egli [Coltrane, N.d.R.] concepì la sua opera-esecuzione-rito come una serie di assoli liberamente improvvisati, raccordati fra loro da passaggi d'assieme preordinati; questi ultimi sono basati su accordi, però opzionali, mentre altre parti sono atonali. La giustapposizione di idee tonali a passaggi atonali, le sovrapposizioni di brandelli melodici a uno sfondo informale, magmatico, ribollente, la grande tensione dei gridanti assoli e il contrasto di questi con la polifonia collettiva, e infine il tempo veloce concorrono a creare un clima di grande eccitazione. Durante la registrazione - assicura chi c'era - le persone presenti in studio non poterono trattenersi dal gridare"[1].


[1] Arrigo Polillo, Jazz. La vicenda e i protagonisti della musica afro-americana, Mondadori, Milano 2009, pag. 736.


Ascension [Edition II]



Personnel: John Coltrane (tenor saxophone); John Tchicai, Marion Brown (alto saxophone); Freddie Hubbard (tenor saxophone, trumpet); Pharoah Sanders, Archie Shepp (tenor saxophone); Dewey Johnson (trumpet); McCoy Tyner (piano); Elvin Jones (drums).


Tracks:
1 Ascension [Edition II]
2 Ascension [Edition I]



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Albert Ayler Trio -  Spiritual Unity (ESP, 1964)

Albert Ayler Trio - Spiritual Unity (ESP, 1964)


La sconvolgente rivelazione di una musica che, in un colpo solo, fa tabula rasa di tutti i problemi, i dubbi, le strategie di ricerca: un salto, compiuto con animale spontaneità, verso un mondo nuovo, di reale libertà da tutto, anche dalle proprie opinioni. Il disco ricevette all'epoca recensioni scandalizzate (una da Kenny Dorham, che su Downbeat gli diede zero). Oggi non appare neppure più tanto sconvolgente, proprio perchè‚ ha fatto saltare un tappo incrostato, liberando gli spiriti e le menti di tante persone, incluse quelle che sono andate ancora più avanti.

Marcello Piras - Il jazz, I dischi, i musicisti, gli stili - Editori Riuniti (01 novembre 1998)








Albert Ayler Trio: Albert Ayler (tenor saxophone); Gary Peacock (bass); Sunny Murray (drums).


Tracks:
1 First Variation
2 Wizard
3 Spirits
4 Second Variation



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George Benson  - The New Boss Guitar of George Benson (Prestige, 1964)

George Benson - The New Boss Guitar of George Benson (Prestige, 1964)


George Benson è  uno dei migliori chitarristi jazz di tutti i tempi, ma è anche un musicista straordinarialmente versatile. Può suonare praticamente qualsiasi cosa – dallo swing al bop dal R&B al pop – non solo Benson è anche un ottimo cantante dalla voce vellutata e sensuale. Potrebbe essere considerato l’equivalente di ciò che fu Nat King Cole – un pianista fantastico, la cui stupenda voce alla fine ha eclissato la sua abilità strumentale - ma a differenza di Cole, Benson, dopo aver scalato le classifiche pop, ha avuto il tempo per riaffermare le sue credenziali nel jazz. The New Boss Guitar è il primo album inciso da Benson come leader, il chitarrista aveva 21 anni e non era ancora un grande nome del jazz, ma questo disco mostra chiari indizi della sua futura grandezza; il fraseggio soul, e un incredibile senso del groove.



Will You Still Be Mine? A



Personnel: George Benson (guitar); Red Holloway (tenor saxophone); Jack McDuff (piano, organ); Ronnie Boykins (bass); Montego Joe, Joe Dukes (drums).


Tracks:
1 Shadow Dancers
2 The Sweet Alice Blues
3 I Don't Know
4 Just Another Sunday
5 Will You Still Be Mine? A
6 Easy Living
7 Rock-A-Bye
8 My Three Sons



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lunedì 17 gennaio 2011
Duke Ellington With Charles Mingus & Max Roach - Money Jungle (Blue Note, 1962)

Duke Ellington With Charles Mingus & Max Roach - Money Jungle (Blue Note, 1962)

Un disco che ha svelato poco a poco le sue bellezze. Noto come attestato della modernità di Duke (solo Bechet, Hawkins e Pee Wee Russell, tra i coetanei, hanno inciso con musicisti di stile tanto più avanzato), consente di apprezzarne con ampiezza il pianismo tardo, così puntuto e percussivo. Ma è anche ricco di pagine stupende, alcune delle quali, chissà perchè‚, in origine scartate. Segnaliamo l'arcigno Money Jungle (con Mingus che storce una corda fuori dal manico per l'intero pezzo), la sublime serenità di Warm Valley, l'ipnotico e cullante Fleurette Africaine; tra gli inediti ripescati, il sinuoso A Little Max.

Marcello Piras - Il jazz, I dischi, i musicisti, gli stili - Editori Riuniti (01 novembre 1998)




Very Special




Personnel: Duke Ellington (piano); Charles Mingus (bass); Max Roach (drums).


Tracks:
1. Very Special
2. A Little Max (Parfait)
3. A Little Max (Parfait)
Alternate take.
4. Fleurette Africaine (African Flower)
5. REM Blues
6. Wig Wise
7. Switch Blade
8. Caravan
9. Money Jungle
10. Solitude
Alternate take.
11. Solitude
12. Warm Valley
13. Backward Country Boy Blues



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domenica 16 gennaio 2011
Grant Green - Born To Be Blue (Blue Note, 1962)

Grant Green - Born To Be Blue (Blue Note, 1962)


Grant Green è uno dei grandi eroi non celebrati della chitarra jazz. Ispirato da Charlie Christian - come la maggior parte dei chitarristi della sua generazione - Green praticava uno stile più diretto, più vigoroso del suo modello. Dopo un rodaggio in orchestre di rhythm and blues e di jazz, agli inizi degli anni '60 si trasferisce a New york e convince la casa discografica Blue Note a incidere la sua musica. Per la Blue Note incide numerosissimi album di qualità, tra cui, "Born To Be Blue", un magnifico album di chitarra jazz dove i suoi soli in  If I Should Lose You e My One And Only Love, rasentano la perfezione.





If I Should Lose You



Personnel: Grant Green (guitar); Ike Quebec (tenor saxophone); Sonny Clark (piano); Sam Jones (bass); Louis Hayes (drums).


Tracks:
1. Someday My Prince Will Come (Frank Churchill/Larry Morey)
2. Born To Be Blue (Mel Tormé/Robert Wells)
3. Born To Be Blue (Alternate Take) (Mel Tormé/Robert Wells)
4. If I Should Lose You (Ralph Rainger/Leo Robin)
5. Back In Your Own Back Yard (Dave Dreyer/Al Jolson/Billy Rose)
6. My One And Only Love (Robert Mellin/Guy Wood)
7. Count Every Star (Bruno Coquatrix/Sammy Gallop)
8. Cool Blues (Charlie Parker)
9. Outer Space (Grant Green)





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Stan Getz & Bill Evans (Verve, 1973)

Stan Getz & Bill Evans (Verve, 1973)


Primo e unico disco in studio inciso dalla coppia Getz/Evans, registrato per la Verve in due sessioni, il 5 e 6 maggio del 1964 (ma pubblicato solo nel 1973). Probabilmente Stan Getz e Bill Evans non erano pienamente soddisfatti del risultato ma, pur non essendo un capolavoro, il disco è godibilissimo con dei momenti memorabili come: nell’incisiva "My Heart Stood Still" e nell’elegante "Grandfather's Waltz", tutte e due provenienti dalla prima sessione con Richard Davis al contrabbasso, oppure nella bellissima "But Beautiful" registrata il giorno seguente, con Ron Carter al posto di Davis.




My Heart Stood Still





Personnel: Stan Getz (tenor saxophone); Bill Evans (piano); Ron Carter, Richard Davis (bass); Elvin Jones (drums).


Tracks:
1. "Night and Day" (Cole Porter)
2. "But Beautiful (Johnny Burke, Jimmy Van Heusen)
3. "Funkallero" (Bill Evans)
4. "My Heart Stood Still" (Lorenz Hart, Richard Rodgers)
5. "Melinda" (Burton Lane, Alan Jay Lerner)
6. "Grandfather's Waltz" (Lasse Farnlof, Gene Lees)
7. "Carpetbagger's Theme" (Elmer Bernstein)
8. "WNEW (Theme Song)" (Larry Green)
9. "My Heart Stood Still" [alternate take] (Hart, Rodgers)
10. "Grandfather's Waltz" [alternate take] (Farnlof, Lees)
11. "Night and Day" [alternate take] (Porter)


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sabato 15 gennaio 2011
Thelonious Monk  – Monk (Prestige,1952 - 1954)

Thelonious Monk – Monk (Prestige,1952 - 1954)

Monk non si può definire un” bopper “ perchè non era capace di raccogliere la gioa di vivere e di suonare tipica di questi, nemmeno un “ coolster “, malgrado la sua collaborazione con Miles Davis con il quale scrisse pagine indimenticabili. Il musicista con cui riuscì ad avere un rapporto vero fu John Coltrane, che fu impressionato la prima volta che lo vide suonare e lo volle subito con sé , in quanto – diceva Trane – era il solo jazzman che riuscisse a tradurre in note musicali i suoi  interrogativi interiori. La realtà è che Monk è stato un intellettuale nero autodidatta e la sua musica un continuo “ work in progress “ di straordinara forza inventiva, irripetibile. Un potenziale creativo che gli consentiva di costruire un tema senza nessuna progettazione precostituita. Il flusso delle sue idee musicali bisognava annotarle immediatamente sul pentagramma per catturarne il tema. Così nacquero ad esempio capolavori come  “ Blue Monk “ e ” Round ‘Bout Midnight “. Questo disco comprende dieci composizioni frutto di tre sedute in sala d’incisione : 5 ottobre e 18 dicembre 1952 e 22 settembre 1954 . Con il pianoforte di Monk che tesse la sua affascinate e tenebrosa tela compositiva si alternano Gary Mapp e Percy Health al basso, Max Roach e Art Blakey alla batteria. In questo album vi sono alcune tra le pagine più importanti della sua carriera. Suoni strumentali strabilianti, costruzioni armoniche originali dove i due batteristi realizzano un accompagnamento perfetto ed intelligente sui piatti e i tamburi e poi il suo inconfondibile pianismo angolare e dissonante. Tra queste tracce incisive e penetranti i vertici espressivi sono “ Reflections “ , “ Monk’s Dream “ autentiche pietre miliari di creatività ritmica e armonica. , “ Just A Gigolo “ in cui Monk suona in assolo e “ Blue Monk “, composizione di geniale semplicità.

Mauro Ronconi









Personnel 
Thelonious Monk (piano) 
Percy Heath, Gary Mapp (bass) 
Max Roach, Art Blakey (drums)




Track List 
1.Blue Monk    
2.Just a Gigolo    
3.Bemsha Swing    
4.Reflections        
5.Little Rootie Tootie        
6.Sweet and Lovely    
7.Bye-Ya        
8.Monk's Dream    
9.Trinkle Tinkle        
10.These Foolish Things


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Sarah Vaughan - Sassy Swings the Tivoli (Mercury, 1963)

Sarah Vaughan - Sassy Swings the Tivoli (Mercury, 1963)

Sarah Vaughan torna ad incidere per la Mercury dopo cinque anni passati con la Roulette. Questo CD è la versione integrale dei due concerti tenuti dalla vocalist al teatro Tivoli Garden di Copenaghen il 18 e il 21 luglio 1963. Insieme a lei il trio del pianista Kirk Stuart con Charles Williams al basso , George Hughes alla batteria e la produzione divina di Quincy Jones. Trentadue canzoni cariche di carisma scelte dal suo repertorio migliore tra acrobazie vocali sopra ritmo e melodia con estrema libertà, salti di tempo , ascese sugli acuti, discese sul registro più grave con una fantasia illimitata. Da segnalare “ I Feel Pretty “ il valzer di West Side Story trasformato dopo il refrain d’apertura in un 4/4 strepitoso, “ Sometimes I'm Happy “ dal vertiginoso fraseggio scat, “ Sassy’s Blues “ dove la sua voce sembra uno strumento perfetto, gli sbalzi tonali tra il chiaro e lo scuro nelle ballad “ Lover Man “, “ I Cried For You “ , “ Maria “, lo swing di “ The Lady’s In Love With You “. Un gioiello di arte vocale in un percorso originale che muta e si evolve di volta in volta.

Mauro Ronconi








Sarah Vaughan
Kirk Stuart; Piano
Charles Williams; Bass 
George Hughes; Drums


Disc 1
1 I Feel Pretty   2 Misty   3 What Is This Thing Called Love   4 Lover Man   5 Sometimes I'm Happy   6 Won't You Come Home, Bill Bailey   7 Tenderly   8 Sassy's Blues   9 Polka Dots And Moonbeams   10 I Cried For You   11 Poor Butterfly   12 I Could Write A Book   13 Time After Time   14 All Of Me   15 I Hadn't Anyone Till You   16 I Can't Give You Anything But Love

Disc 2
1 I'll Be Seeing You   2 Maria   3 Day In, Day Out   4 Fly Me To The Moon   5 Baubles, Bangles And Beads   6 The Lady's In Love With You   7 Honeysuckle Rose   8 What Is This Thing Called Love   9 Lover Man   10 I Cried For You   11 The More I See You   12 Say It Isn't So   13 Black Coffee   14 Just One Of Those Things   15 On Green Dolphin Street   16 Over The Rainbow


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